Pubblichiamo qui sotto un articolo letto sul quotidiano locale Il Messaggero di Pordenone di ieri, giovedì 24 novembre 2011. Un viaggio, viene definito, dietro le quinte delle vite dei giovani “bene” del capoluogo, attraverso la testimonianza di un ragazzo trentenne dal buon aspetto e con una posizione lavorativa rispettosa, che nei fine settimana ricerca la “felicità” attraverso l’uso di sostanze stupefacenti ed orge sessuali.
Un racconto che dovrebbe suscitare stupore dopo averlo letto tra le pagine di un quotidiano locale in una città che spesso viene definita lavoratrice, placida e per bene. Non per noi, che non riusciamo ad arrivare nei famosi “piani alti” della società, (che qui si scopre drogata), ma che viviamo quotidianamente ciò che ci racconta la strada e la sua gente. Sembra che le persone per bene debbano essere protette in quanto abbiano il privilegio di una buona posizione d’impiego o, più assurdo, dall’aspetto elegante con cui si mascherano spesso queste persone. La società giudica troppo spesso dall’apparenza e rimane sorpresa quando scopre il marcio nascosto dietro ad aspetti impeccabili, mentre diventa più facile etichettare chi porta i segni delle dipendenze. Un aspetto che nell’articolo non emerge e non va a fondo sul motivo di questa “scoperta”.
Droga e festini, nel regno dello sballo
Un insospettabile, una “confessione”, una verità scomoda, tra stupefacenti e orge. Ecco cosa c’è dietro la Pordenone bene
Un viaggio nei giovani bene, nel dietro le quinte, negli spazi dove la città tutta presa a produrre lascia spazio agli sfoghi del corpo e dell’anima. Perchè Pordenone, quando cala la sera, a volte, è diversa da come ce la immaginiamo. Ha provato a raccontarne uno spaccato, attraverso le pagine del nostro giornale, lo scrittore Enrico Galiano.
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Facciamo che le considerazioni da moralista dell’ultima ora le prendi e le metti tutte via. Facciamo che i confronti tipici, i vari «Ah, io al posto tuo non lo avrei fatto» e i «Secondo me sbagli» li cancelli tutti dalla tua testolina da bravo ragazzo. Facciamo che la patina del pordenonese benpensante, quello che fa finta che certe cose non succedano nella sua bella città, la togli via in un colpo solo: anche perché se pensi davvero che certe cose qui non succedano è perché, appunto, della tua città ne pensi un po’ troppo bene, ci vivi un po’ troppo bene e, soprattutto, ci dormi un po’ troppo bene. È questo quello che ti devi dire quando un sabato sera ti trovi di fronte un tuo amico, tuo perfetto coetaneo, uno con cui giocavi a calcio quando ancora non ne sapevi mezza delle mille fregature che può tirarti la vita, e questo tuo amico ridendo inizia a lasciarsi andare e a parlare di festini, di droga, di cose che ha fatto in questi anni. E che continua a fare.
Lo becco una sera in centro, sotto i portici in piazza XX settembre. Cappotto elegante, capelli rasati a zero, aspetto impeccabile. Lavora nel turismo, per conto di una grande catena. Gira gli alberghi di tutto il mondo: ha visto più città lui dal vivo che io su Google maps. Lo guardi e anche non conoscendolo lo collochi subito nella casella “Pordenone bene”. A un certo punto, al secondo giro di aperitivi, gli arriva un sms e sparisce per tre ore. Qualcuno della compagnia si scambia occhiate, sorrisini, così anche un tonto capirebbe che no, non è andato a recitare il rosario. Poi torna e beve solo acqua. «Come mai solo acqua?», gli chiedo. Lui sorride, tipo sorriso complice. A me il compito di fare 2+2 e capire che “dopo” (anche se non so dopo cosa, di preciso) è meglio bere solo acqua. Lui è tutto elettrico, ha voglia di parlare. Che coincidenza, io di ascoltare. Leggi il seguito di questo post »